Cari lettori, per la Rubrica “La Storia di Baia Domizia” della Domenica, oggi vi proponiamo il racconto dall’età antica ai giorni nostri, ovvero immediatamente prima che fosse intrapreso il progetto di realizzazione di una località balneare moderna, che vi abbiamo cominciato a raccontare qui. Buona lettura.
Nell’età antica, il tratto della pineta alla foce del Garigliano era, per le popolazioni italiche prima e per gli antichi Romani poi, un lucus (bosco sacro) dedicato alla dea Marìca, ninfa delle paludi e delle acque, il cui tempio si trovava sull’opposta sponda del fiume, nel territorio di Minturno.
Gli Ausoni, anche detti Aurunci le dedicarono un grande tempio presso Minturno, edificato probabilmente attorno al settimo/sesto secolo a.C., sulla riva destra-nord, in prossimità della foce del fiume Liri, oggi Garigliano, a circa 400 m. dal mare. Sulla sponda sinistra-Sud si estendeva invece il bosco sacro, il Lūcus Marīcae dedicato alla divinità. Il tempio era costruito con blocchi di tufo grigio provenienti dalle cave a sud del monte Massico.
Poco prima del crollo dell’impero romano, nell’estate del 458, un gruppo di Vandali, guidato dal cognato di Genserico, sbarcò alla foce del Garigliano e devastò l’area ricca di ville gentilizie, saccheggiandola: la minaccia fu debellata dall’intervento dell’esercito imperiale, comandato da uno degli ultimi imperatori romani, Maggiorano, che guidò personalmente l’esercito sconfiggendo i Vandali nei pressi di Sinuessa e inseguendoli, mentre erano appesantiti dal bottino, fino alle navi.
Dopo il crollo dell’impero romano, con le continue scorrerie barbariche e saracene, divenne impossibile continuare a manutenere i sistemi irrigui e di contenimento delle acque nelle campagne, che vennero abbandonate. Questo, unitamente alla natura dei terreni, naturalmente ricchi d’acqua, portò all’impaludamento delle zone immediatamente a ridosso della linea di costa. Il territorio divenne cosí una grande palude, conosciuta come pantano di Sessa.
Nella zona presso il fiume si svolsero nella storia diverse battaglie: nell’881 sbarcarono nei pressi della foce del Garigliano i Saraceni che qui si stabilirono in una vera e propria cittadella fortificata, un cosiddetto ribāṭ, dal quale partivano per veloci scorribande predatorie in tutta l’Italia centro-meridionale. Nel 915, papa Giovanni X riunì un esercito nella Lega Cristiana, composta da Longobardi e Bizantini, per fronteggiare le incursioni saracene.
Dopo la prima battaglia del Garigliano, che spazzò via l’insediamento saraceno, per custodire l’area venne eretta una serie di alte torri fortificate, che attraverso segnali luminosi ed acustici avrebbero potuto segnalare l’arrivo di eventuali invasori su tutta la linea di costa a nord e a sud del fiume, alla foce del Garigliano e nelle zone interne più alte. Il principe longobardo di Capua, Pandolfo Testadiferro (o Capodiferro), edificò attorno al 930, alla foce del Garigliano, la torre che prese appunto il nome del condottiero (Torre di Capodiferro).
Si ricordano inoltre la seconda battaglia del Garigliano (1503) tra spagnoli e francesi, che consegnò di fatto tutto il meridione d’Italia al dominio degli spagnoli per oltre tre secoli, e la terza battaglia del Garigliano (1860) tra i Borboni ed i Sabaudi proprio sul Ponte Real Ferdinando sul Garigliano, epilogo della spedizione dei Mille durante l’Unità d’Italia. Presso la località, durante la seconda guerra mondiale, venne inoltre combattuta la battaglia di Montecassino, l’ultimo scontro importante prima dello sfondamento della Linea Gustav. Durante gli scontri per lo sfondamento della linea vennero distrutte alcune costruzioni di rilievo storico come la Torre di Capodiferro – divenuta poi sede del museo della civiltà aurunca – e il ponte Real Ferdinando sul fiume Garigliano, progettato da Luigi Giura.
Fonte: Wikipedia.
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