La storia antica di Cellole è legata alla nascita ed allo sviluppo sociale, culturale ed economico dell’antica, ormai scomparsa Sinuessa. Quando i Romani, nelle loro attività espansionistiche giunsero nella Valle del Garigliano e conquistarono Sinope, città fondata dai Pelasgi alle estreme propaggini del Monte Cicoli, la rinominarono Sinuessa, potenziandola e portandole prosperità.
Nel 296 d.C. vi costruirono una Colonia Marittima Civium Romanorum che popolò l’ager sinuessanus. La costa campana settentrionale costituì, a partire dal III secolo a.C. e per tutta l’età imperiale, un posto alla moda dove l’aristocrazia senatoria di Roma possedeva le sue ville suburbane.
Con ogni probabilità il toponimo Cellole deriva dal termine “pagus cellularum” che in linguaggio curiale indicava un tipo di villaggio adibito mediante appositi fabbricati divisi in celle, magazzini o depositi, a svariati usi per la conservazione d’ogni tipo di prodotti della terra, utilizzati per rifornire i viaggiatori che percorrevano l’antica via Appia.
La storia di Cellole nel Medioevo
Più tardi per gli abitanti del Medioevo Cellole divenne un punto di ritrovo in quanto la città era ubicata tra l’antica Via Appia e la nuova “via Appia”. Con l’avvento dei Longobardi e di altre dominazioni poi, l’ager sinuessanus si sgretolò e i suoi villaggi, tra cui Cellole furono incorporati nel territorio di Sessa Aurunca che da quel tempo divenne unico punto di riferimento politico, sociale, economico e culturale fino alla sua autonomia.
Durante il Medioevo il piccolo villaggio di Cellole divenne un avamposto difensivo per la vicina Sessa Aurunca. Infatti, dalla città aurunca non era possibile avvistate i fuochi di segnalazione della costa, anche a causa della nebbia della zona paludosa prossima al mare detta Pantano, Cellole serviva da ponte tra la costa e le mura sessane. Ebbe quattro torri cosiddette saracene dell’altezza di alcune decine di metri, ora distrutte e costruite in materiali di risulta dell’epoca precedente o in pietra locale.
Fonti: Capomaccio C., “Pagus Cellularum” Storia di un popolo 2003; Wikipedia
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